Domani è il grande giorno! Esperimenti in giro per le strade.. cosa farà la gente secondo voi?

Domani è il grande giorno! Esperimenti in giro per le strade.. cosa farà la gente secondo voi?

martedì 4 dicembre 2012

STORIE DI VITA VISSUTA

Grazie a chiunque ci stia seguendo! Ci dimostrate quanto l'argomento trattato in questo blog possa essere stimolante ed anche spunto per diverse riflessioni. Come premio vi posterò alcuni esempi vissuti in prima persona da un'amica, che mi ha gentilmente concesso di riportarli sul blog.

ESEMPIO 1

Giusto qualche sera fa, ore 22.30 ca., stazione Termini. Tornavo da un viaggio, mi era venuto a prendere Ale, altri amici ci aspettavano in macchina. Alla fine di un binario c'era un uomo caduto per terra di faccia, con un cellulare in mano. Spazio vuoto attorno a lui, tante persone poco più in là. Io ed Ale passiamo nello spazio vuoto e io vedo l'uomo. Mentre lo stiamo per sorpassare, fermo Ale dicendo "quell'uomo sta male, dovremmo chiamare qualcuno". Una delle persone che stavano lì attorno mi sente e mi dice: "abbiamo già chiamato la polizia". In quel momento arriva un agente che lo scuote, l'uomo si sveglia, io e Ale ce ne andiamo.
Considerazioni:
a) Tra quando l'ho visto e quando ho fermato Ale è passato un po' di tempo.
b) Il fatto che nessuno stesse prestando soccorso mi ha fatto fermare.
c) Il fatto che nessuno stesse prestando soccorso non mi ha fatto avvicinare all'uomo (c'è tanta gente qui, se nessuno si è avvicinato magari è perchè prima di cadere è stato violento? o è ubriaco? insomma, paura fisica per me stessa).
d) Mi sono rivolta alla persona che era con me. Avrei potuto andare direttamente a vedere invece ho implicitamente chiesto aiuto ad un uomo (della serie, chinati tu per vedere se sta bene oppure chiamiamo qualcuno ma io non lo faccio).
e) Una volta saputo che qualcuno si stava occupando della faccenda me ne sono andata senza sapere COME si sarebbe risolta.

ESEMPIO 2

Granada, Spagna, ca. 9 di mattina. Sono sull'autobus per andare all'università, leggo. L'autobus è fermo a quello che credo un semaforo. Ad un certo punto comincio a sentire vociare attorno a me, alzo gli occhi e vedo sul marciapiede un uomo che strattona violentemente una donna, la trascina per terra, le infila le mani nei vestiti come per cercare qualcosa. C'è un'altra donna che non si capisce da che parte sta perché un po' cerca di frenare l'uomo, un po' butta qualcosa nei cespugli (dosi di droga?). Sull'autobus è tutto un clamore, c'è gente che chiama la polizia. Nessuno chiede all'autista di aprire le porte per scendere a fermare l'uomo. Questa situazione è durata qualche minuto. Ci sono anche altre macchine ferme e finalmente un uomo dalla macchina dietro l'autobus apre la portiera e scende per metà dicendo all'uomo di fermarsi (e altre cose che non ho capito ma penso fossero insulti). Risultato? L'uomo si ferma, fa alzare la donna e girandole il braccio dietro la schiena la spinge via. L'ultima cosa che ho visto è che hanno girato un angolo. L'uomo intervenuto è risalito in auto, l'autobus è ripartito. A quel punto ho sentito le sirene della polizia (che verosimilmente non li hanno visti perchè ormai erano su un'altra strada..).
Considerazioni:
a) Io non ho fatto niente o meglio, ho fatto esattamente come la ragazza del video del fumo: mi guardavo intorno e guardavo gli altri. Sicuramente potevo fare ben poco: non avevo il numero della polizia, non parlo bene lo spagnolo, non ho una mole fisica e/o una preparazione di autodifesa per mettermi in mezzo. Però se altri fossero scesi dall'autobus forse sarei scesa anch'io. Inoltre mi sono sentita malissimo per non essere intervenuta.
b) Sono rimasta scioccata dal fatto che nessuno sia intervenuto in prima persona. Nessuno li ha effettivamente separati (forse stesso discorso dell'esempio 1? paura fisica?).
c) L'unico intervento verbale (che forse ha permesso al tizio di scappare, ma questa è un'altra faccenda) non ha interrotto la violenza, l'ha solo fatta spostare in un luogo più discreto ma questo, a quanto pare, è sembrato sufficiente a tutti (della serie: se non la vedo non c'è).

ESEMPIO 3

Tre anni fa, tarda sera (le 2 di notte?), rientravo a casa con Marco. Eravamo in macchina davanti al mio cancello che ci salutavamo prima che io scendessi per salire a casa. Un ragazzo con un casco in mano bussa al finestrino. Ci dice che gli hanno rubato la moto, che deve raggiungere i suoi amici all'ospedale di Tor Vergata, che nella moto aveva pure il telefono: non mi ricordo i dettagli ma la storia era assurda, piena di sfighe ma tutto sommato credibile. Ci chiede un passaggio (il posto è a 15 min da casa mia in macchina). Siamo abbastanza indecisi, alla fine Marco decide di farmi andare a casa e di accompagnare da solo questo tizio. Alla fine la storia era vera, gli amici c'erano sul serio, nessun agguato a Marco per rubargli la macchina, ma a dire la verità io ero piuttosto diffidente e se fossi stata sola non gli avrei mai dato un passaggio.

Che dite, sono calzanti? E voi avete altri esempi da portare al riguardo?

P.S. vi vogliamo bene anche se non commentate, ma se riuscite a scrivere qualche parolina ci fate un favore!

lunedì 3 dicembre 2012

L'ANIMALE POLITICO


Il tipo di persona che diventeremo dipende da un insieme di fattori: educazione, ambiente, fortuna... ma sicuramente uno dei più importanti è il fattore sociale. Aristotele pensava che l'uomo fosse un ANIMALE POLITICO, in quanto soggetto che vive nella città e della città ha bisogno. E sappiamo che la città non è solo una struttura fisica, ma è un insieme di individui, cioè di altri animali come noi.



Durante la crescita, l'adolescenza dovrebbe essere il periodo in cui affermiamo i principi che ci sono stati trasmessi, scegliamo i nostri valori. Il periodo in cui costruiamo una miglior consapevolezza di noi stessi e un miglior senso dell'altro. Dunque acquisiamo un senso di responsabilità, per noi stessi e per gli altri.

Adesso immaginate per un attimo di tornare ad avere 16 anni. Lo so, non è piacevole, vi starete immaginando un po' impacciati e pieni di brufoli. Comunque. Siete il 16enne medio del 2012, il che, lavorando un po' di stereotipi, equivale a dire che fate a gara a chi ha il modello di iphone più avanzato sul bus prima di andare a scuola e il mattino seguente discutete di quanto sia stata fica ieri la puntata di Jersey Shore. Le nuove tecnologie, i social network e la tv assorbono tutta la vostra attenzione. Pensate che il vostro ruolo sia quello di starvene buoni e tranquilli e di non preoccuparvi di altre cose. Anzi, in realtà non pensate neanche di avercelo un ruolo, ma improvvisamente tra qualche anno vi troverete ad essere giovani cittadini senza nessuna consapevolezza di cosa il mondo si aspetti da voi. Cosa dovete fare?

Pensateci. Nessuno diventa grande da solo. Com'è che si diventa dei buoni animali politici? Io penso che qualsiasi cosa riesca a risvegliarci dalla nostra apatia sia un passo verso l'armonia sociale. Qualsiasi cosa arricchisca il nostro bagaglio di esperienze, allora quella ci fa crescere e aumenta la nostra consapevolezza. Il non prendersi le proprie responsabilità, il restare fermi a guardare possono ingenerare sensi di colpa. E rischiamo di rendercene conto troppo tardi. Se tanti giovani non mostrano uno spiccato senso sociale, non è solo colpa loro. Troppo spesso ci mancano dei modelli da seguire. E quando prendiamo iniziative troppo spesso ci sentiamo schiacciati da situazioni che non dipendono da noi.

"E' colpa mia/ Se siamo diventati indifferenti/ Più poveri, più tristi e meno intelligenti/ E' colpa mia/ Che non mi curo delle tue speranze/ Forse perchè delle idee/ Non so più che farne/ E' colpa mia/ Non presto mai troppa attenzione/ E' colpa mia/ Perchè non prendo posizione/ E' colpa mia/ Mi crolla il mondo addosso e se ci penso/ Non me ne frega niente/ [...]/ Figlio mio, ci pensi? Un giorno tutto questo sarà tuo".
Per quanto mi riguarda, non è questa la musica che vorrò far ascoltare ai miei figli. Mi piacerebbe dire loro che tutti noi insieme abbiamo cambiato qualcosa e magari l'abbiamo resa migliore.

domenica 2 dicembre 2012

PIÙ SIAMO, MENO AGIAMO. DI QUESTO PASSO CHE FINE FAREMO?

Abbiamo visto che l'essere in molti limita il tanto declamato libero arbitrio e, vista l'esplosione demografica dell'ultimo secolo, mi viene da domandarmi: di questo passo che fine faremo? Non è per caso l'elevato numero d'individui che ha causato l'attuale diffusa sensazione di non sapere che fare della propria vita? Stiamo aspettando di scoprire noi stessi questo qualcosa o stiamo attendendo che altri prendano le loro decisioni per poi agire di conseguenza?

Rifletteteci e fateci sapere le vostre opinioni.

lunedì 26 novembre 2012

ESPERIMENTI - PARTE 2

Finora abbiamo tracciato un quadro preoccupante. Ma siamo davvero sempre così egoisti e insensibili o esistono delle eccezioni?

Alcuni episodi verificatisi in contesti ecologici sembrano dare qualche speranza, supportati dai risultati di studi successivi.
Per esempio, Elliot Aronson, uno dei massimi studiosi di psicologia sociale, racconta in uno dei suoi libri (L'Animale Sociale, 2006, Apogeo) un episodio successogli in campeggio: di notte sentì un urlo provenire da un'altra tenda e quando aprì per vedere cos'era successo vide che decine di altri campeggiatori, contro ogni previsione, si erano già fiondati nei pressi della tenda per verificare che fosse tutto a posto. Cosa aveva spinto queste persone a intervenire? Cosa c'era di diverso rispetto, ad esempio, al caso Genovese?

Alcuni studiosi hanno scoperto che, oltre alla poca numerosità dei testimoni, uno dei fattori che può aumentare le probabilità di soccorso è il TROVARSI IN UN AMBIENTE CHIUSO, IN UNA SITUAZIONE IN CUI SI CONDIVIDONO LE STESSE FATICHE E GLI STESSI PROBLEMI e in cui non ci sia POSSIBILITÀ DI FUGA.



Piliavin e colleghi (1969) condussero una serie di esperimenti nella metropolitana di New York in cui un loro complice fingeva di inciampare e cadere nel mezzo di una carrozza. Nel 95% dei casi veniva aiutato immediatamente, anche quando aveva in mano una bottiglia o puzzava di alcool!

mercoledì 21 novembre 2012

ESPERIMENTI: MEGLIO SOLI CHE MALE ACCOMPAGNATI?

Per capire meglio quali fossero i meccanismi del disimpegno, alcuni psicologi hanno organizzato esperimenti in ambienti controllati. Eccone di seguito alcuni.

DARLEY & LATANE, 1970
Il NUMERO DI TESTIMONI che assiste ad un'emergenza influenza l'intervento?
Una donna chiede a un gruppo di studenti di compilare un questionario. La donna va in una stanza adiacente e dopo qualche minuto inizia a uscire del fumo dalla porta. Ci sono due condizioni sperimentali: nella prima il soggetto è da solo nella stanza, nella seconda è insieme ad altri studenti, complici dello sperimentatore, addestrati a non intervenire.
La maggior parte dei soggetti soli interviene, mentre quelli nella seconda condizione accettano come parametro il comportamento del gruppo e si uniformano.

 

DARLEY & BATSON, 1973
Gli sperimentatori reclutano dei seminaristi per tenere un discorso sulla parabola del BUON SAMARITANO. Tutti i concorrenti sono riuniti in una stanza per studiare il loro discorso, poi dovranno recarsi in un altro edificio per presentarlo. Ad un gruppo veniva detto che era in ritardo e doveva affrettarsi all'appuntamento, all'altro gruppo che erano in orario. Lungo il tragitto incontravano un uomo che si era visibilmente fatto male.
Più della metà del gruppo in orario si ferma a prestare aiuto, mentre solo il 10% dei ritardatari soccorre l'uomo.
Anche le persone più insospettabili, come i seminaristi, non agiscono se l'intervento può comportare dei sacrifici o dei costi.

domenica 18 novembre 2012

UN CASO DI CRONACA EMBLEMATICO: KITTY GENOVESE

Era una fredda notte del 1964 quando Kitty, una cameriera di New York, rientrava a casa dopo il lavoro. Parcheggiò la macchina nel suo quartiere, a pochi passi dalla sua casa, quando un uomo la aggredì piantandole due coltellate nella schiena. La ragazza urlò e si calcola che almeno 38 persone quella notte si affacciarono alla finestra, nonostante fosse molto tardi. Ma nessuno intervenne nè chiamò aiuto. PERCHÉ? 
Furono avviate una serie di indagini per trovare un movente al delitto (per saperne di più clicca qui) e catturare l'assassino. Ma soprattutto gli psicologi si preoccuparono di studiare quello che in seguito verrà chiamato "EFFETTO SPETTATORE" o "CONFORMISMO DEL TESTIMONE". Dopo che le 38 persone che si erano affacciate vennero interrogate, la maggior parte di loro si giustificò dicendo che non era intervenuta perché NON VOLEVA ESSERE COINVOLTA.


mercoledì 14 novembre 2012

MA DI COSA STIAMO PARLANDO??

In questo blog ci occuperemo di un fenomeno molto studiato in psicologia sociale: la DIFFUSIONE DI RESPONSABILITÀ. Questa espressione si riferisce a tutte quelle circostanze in cui, circondati da molte altre persone, non ci sentiamo in dovere di reagire di fronte a situazioni di emergenza. In fondo, se ci sono tante persone presenti, perché dobbiamo essere PROPRIO NOI a farci coinvolgere in situazioni scomode, pericolose o poco piacevoli?

Nella società attuale sembriamo aver dimenticato l'importanza dell'aiutarsi a vicenda. C'è chi è apatico nei confronti della realtà quotidiana, chi semplicemente è troppo pigro per reagire, perché "tutti noi abbiamo i nostri problemi, mica dobbiamo farci carico anche di quelli degli altri! Non è un problema mio almeno finchè non mi riguarda DA VICINO" ... Quante volte lo abbiamo detto? Spesso, invece, siamo bravi solo a parole o ci vantiamo con gli amici di essere persone altruiste e solidali. Ma nelle situazioni concrete come ce la caveremmo? La letteratura psicologica a riguardo non è molto incoraggiante. La verità sembra essere che, dalle situazioni più generali a quelle più particolari, tutti, in fondo, siamo un po' menefreghisti.

"Ognuno è responsabile di tutti. Ognuno da solo è responsabile di tutti. Ognuno è l'UNICO responsabile di tutti" (A. De Saint-Exupèry)